lunedì 24 febbraio 2014

I lipidi nelle produzioni alimentari: anche i grassi cambiano.

L'articolo proposto è il frutto del lavoro di Daniele Bertoldo, studente dell'IPSSAR Artusi di Recoaro Terme (attualmente in IIG), come sintesi di un lavoro cooperativo svolto nell'ambito di una Unità di Apprendimento relativa ai grassi in cucina e nell'industria alimentare. Spesso i lavori svolti rimangono chiusi nei cassetti o solo belle esperienze frutto di un momento; siccome odio le cose morte, ho chiesto gentilmente a Daniele di condividere questa esperienza nel blog, anche per riprendere questa attività a lungo ferma. Ho preferito non modificare il testo, non per pigrizia, ma per dare l'opportunità di attuare delle correzioni collettive. Se ci sono, dunque, delle imprecisioni, omissioni, incongruenze o falsità, la colpa sarà solo della pigrizia del sottoscritto, pertanto contattatemi e tutto sarà riorganizzato.

Nicola

“Anche i grassi cambiano”: come da titolo tratteremo, tramite le conclusioni tratte dal lavoro svolto in classe con il prof. Valente, alcuni aspetti relativi al cambiamento nell'impiego dei grassi utilizzati nell'industria alimentare e in cucina.
Tornando con la memoria a 40-50 anni fa e parlando di grassi si pensa alle fritture in strutto che le nostre nonne le preparavano ai nostri genitori; infatti grassi di tipo animale come burro, strutto o lardo costituivano la maggior parte dei grassi consumati che venivano usati per le fritture, oppure, in sostituzione all'olio d'oliva, per condire paste e insalate.
Dal punto di vista tecnologico, con l'estendersi del commercio e con lo sviluppo dell'industria i prodotti locali dovevano resistere all'urto dei prodotti esteri spesso qualitativamente inferiori ma economicamente più vantaggiosi; questo teatro vede l'affermarsi di nuove tipologie di lipidi: i grassi idrogenati.
Questi lipidi originariamente oli vegetali (quali olio di palma e di cocco) vengono resi semi-solidi oppure solidi tramite un processo chiamato “idrogenazione” che li trasformano da liquidi in comodi panetti di grasso vegetale.
Oltre al motivo economico, i grassi idrogenati vengono impiegati per la facilità d'utilizzo e di stoccaggio (basti pensare alla forma di un panetto di burro e alla fragilità e all'ingombro di una bottiglia d'olio). Questi inoltre presentano una stabilità termica superiore alla norma che li rende adatti alla frittura e solitamente infondono al prodotto un aroma quantomeno simile a quello ottenuto grazie all'impiego di grassi animali o d'olio d'oliva.
Dopo questa carrellata di aspetti positivi andiamo ad analizzare gli aspetti negativi che sono tutt'altro che trascurabili.
L'assunzione di grassi idrogenati non è fondamentale per il nostro organismo infatti, la quota consigliata è di 0 grammi al giorno data la loro nocività.
La loro assunzione favorisce esponenzialmente l'innalzamento dell' LDL meglio conosciuto come "colesterolo cattivo" e la diminuzione di HDL ovvero il "colesterolo buono" conosciuto come “spazzino delle arterie” aumentando l'insorgenza di malattie cardio-vascolari come l'aterosclerosi che può portare ad infarti e ad ictus.
I grassi idrogenati si rivelano così come alternative economicamente buone ma dal punto di vista salutare sbagliatissime; cosa ci resta da fare per salvarci da questa invasione? Quello che si può fare non è altro che consumare prodotti locali: preferire il pane prodotto da panifici locali rispetto a quello in cassetta o confezionato che troviamo sugli scaffali dei supermercati, preferire alle merendine industriali frutta di stagione o, come insegnano le nonne, una buona fetta di pane con la marmellata (preferibilmente biologica).

Daniele Bertoldo, IIG A.S. 2013-14.


Bibliografia e sitografia:
A. Machado, Scienza degli Alimenti (libro di testo) 
www.my-personaltrainer.it 
www.leziosa.com 
www.affaritialiani.it 
www.melarossa.it