martedì 26 marzo 2013

Lo scandalo della carne equina



Carne tritata
Fonte Rainews24.it
E’ dagli inizi di febbraio 2013 che si susseguono sui media interventi sul problema della carne equina in alcuni cibi. Lo scandalo ebbe inizio con la rilevazione di tale prodotto in hamburger di bovino distribuiti dai supermercati britannici Tesco; da quel momento controlli più serrati fecero emergere frodi analoghe in diversi Paesi della UE. Ad essere incriminate sono le carni macinate contenute in molti prodotti che dovevano presentare, secondo indicazioni in etichetta, esclusivamente carne bovina ed invece questa era mescolata con carne equina.



Perché in questo caso si parla di frode?
Per diversi motivi:
- In primo luogo, il consumatore deve sapere cosa sta acquistando, ed il fatto che un prodotto che dovrebbe essere inserito in etichetta non è evidenziato, è di per se un’azione non corretta nei confronti del consumatore. Oltre a ciò, è importante evidenziare che tale scandalo ha avuto una grande cassa di risonanza soprattutto perché i cittadini del Regno Unito non mangiano generalmente carni equine, considerando, per questioni culturali, il cavallo non propriamente un alimento;
- In secondo luogo, la frode si configura nel fatto che la carne equina utilizzata è quella non destinata al consumo umano, difatti l’anagrafe equina impone alla nascita la destinazione del cavallo in animali “destinati alla produzione di alimenti” (DPA) o non DPA, nel caso di cavalli da equitazione o da lavoro. Nei casi evidenziati non erano animali classificati per la produzione di alimenti.

Ma dal punto di vista alimentare la carne equina non è considerata di pregio, e pertanto non dovrebbe costare di più?
Non è esattamente così, difatti la carne di cavallo attualmente presenta prezzi più bassi rispetto alla carne di bovino, questo è dovuto all'aumento dei costi per la gestione della tracciabilità e allincremento degli scarti in fase di macellazione, in seguito alle norme per contrastare la diffusione della BSE.
Oltre a ciò, come si diceva in precedenza ad essere utilizzati sono soprattutto carni non-DPA provenienti da animali corsa, perché i cavallo può correre fino a 7 anni di età, ma fino ai 20 anni occorre accudirli con ingenti spese che, in questo periodo di crisi, sono insostenibili. Pertanto la macellazione potrebbe divenire un’opportunità per ridurre questi costi.
In Italia ai cavalli non-DPA da corsa, oltre ad un passaporto, viene inserito un chip nel corpo che ne permette il riconoscimento, pertanto l’unica macellazione possibile è quella clandestina, in macelli di Stati Europei compiacenti.

Ma fa male?
Dal punto di vista della salute, il problema, ovviamente, non è nella carne equina di per se, ma per il fatto che tali carni possono subire non adeguati processi di macellazione, essendo processate in macelli clandestini, e divenire fonte per la diffusione di tossinfezioni alimentari o zoonosi. Però il rischio della diffusione di tali malattie è quasi nullo in quanto queste carni vengono usate per preparati che subiscono opportuni processi di cottura.

Allora qual è il problema? La preoccupazione maggiore non sta nelle contaminazioni biologiche, che vengono controllate dal calore, ma nella possibilità di contaminazione chimiche, infatti queste carni possono contenere farmaci utilizzati per la cura dei cavalli da corsa. Per tale motivo l’agenzia europea dei farmaci (EMA) e quella per la sicurezza alimentare (EFSA)stanno effettuando dei controlli per valutare congiuntamente, entro il 15 aprile, i rischi per la salute umana, cercando di rilavare nella carne di cavallo dei residui di fenilbutazone, un potente farmaco anti-infiammatorio. 

Questo può provocare disordini del sangue, anemia plastica e, secondo alcuni veterinari, persino il cancro. Dal 2003 la sua distribuzione per uso umano è stata ufficialmente proibita dalla americana Food and Drug Administration (Fda). «Al momento», ha tranquillizzato il ministero della salute, «nei 109 campioni finora analizzati nell'ambito del piano di monitoraggio, non è stata rilevata alcuna traccia di fenilbutazone.

Quale soluzione?
Ovviamente in un libero mercato ognuno deve fare la sua parte. L’Unione Europea e i singoli Stati devono garantire la sicurezza alimentare, intensificando i controlli e proponendo sistemi più efficaci di tracciabilità in grado di fornire tutte le rassicurazioni possibili al consumatore.

Ma proprio i consumatori hanno in mano la possibilità di cambiare, scegliendo prodotti di qualità. In tali modo orienterebbero le politiche delle aziende produttrici verso scelte operative di qualità.

Sitografia e link utili:
EFSA
Unione Europea - "Etichette più chiare consumatori più informati"
adnkronos.com - "DNA equino in alcuni ragù Star"
Rainews24.it
Aulascienze Zanichelli
Lettera43.it
Lettera43.it 
Coldiretti.it
Italiatour360.it
La Stampa.it
Ilsussidiario.net
Ilsole24ore.com
CNN.com


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